Quando un’area giochi viene distrutta da un incendio, non è solo plastica bruciata.
È l’idea stessa di comunità che viene colpita. È la fragilità dei nostri legami sociali che si mostra in tutta la sua evidenza. Perché un rogo in una piazzetta per bambini non è solo un atto vandalico: è il sintomo di un disagio più profondo. Di un territorio lasciato solo. Di spazi pubblici trascurati, non presidiati, dove la cura viene meno e il senso civico si dissolve. Chi appicca il fuoco a uno scivolo o a un’altalena, forse non odia i bambini. Ma certamente vive in un contesto che ha smesso di educare, di accogliere, di proteggere. Un contesto dove l’assenza di alternative, di ascolto, di presenza istituzionale lascia spazio al vuoto. E il vuoto, spesso, si riempie di rabbia, di incoscienza, di solitudine. E allora la piazzetta smette di essere un luogo di incontro e diventa un bersaglio. La panchina non è più sosta, ma degrado. L’altalena non è più gioco, ma rottame. Noi dobbiamo reagire, ma con visione. Con un’idea forte di città pubblica, vissuta, condivisa. Con politiche sociali che parlino ai più giovani, agli esclusi, a chi si sente ai margini. Con la manutenzione dei luoghi, ma anche con la cura delle relazioni. E serve una responsabilità collettiva. Perché la sicurezza non si fa solo con le telecamere, ma con la presenza umana. Con le biblioteche vive, con i centri di aggregazione, con il volontariato, con l’educazione al bene comune. Questo rogo ci riguarda tutti. E se vogliamo davvero proteggere i nostri bambini, dobbiamo iniziare a ricostruire, pezzo dopo pezzo, il senso stesso di comunità. Questo è il momento di reagire. InSIeme.

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